Il racconto di Fortunata della mistica di Paravati mamma Natuzza

Il racconto di Fortunata della mistica di Paravati mamma Natuzza

Il racconto di Fortunata della mistica di Paravati mamma Natuzza 1600 1200 Vincenzo Leonardo Manuli

La giornata era molto beneaugurante, temperatura mite, il cielo sereno, nel pomeriggio il sole con i suoi raggi penetrava le nuvole. Questo è tempo di raccogliere le olive, della spremitura, e approfittare della bella giornata per una passeggiata nei boschi. Si prospettava un pomeriggio intenso, e sabato alle 16,00, la piccola comunità di San Procopio, si dava appuntamento nella chiesa centrale, intrattenendosi in un incontro con Fortunata Nicolace nipote di mamma Natuzza, la mistica di Paravati. In parrocchia è presente il cenacolo di preghiera intitolato al “Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime”, animato da Lucia Alvaro, un impegno che porta avanti da diversi anni.

Gradualmente l’aula liturgica si affollava, con riverente ascolto tutti attenti alle parole di Fortunata, dopo il saluto del parroco, don Leonardo Manuli, la nipote di mamma Natuzza raccontava alcuni particolari della nonna. “Una donna semplice, umile, comune, il cui messaggio centrale è stato l’amore incondizionato a Gesù, e che lei ha vissuto e testimoniato, nella vita sacramentale, praticando la confessione settimanale, la partecipazione quotidiana alla Santa Messa”.

La mistica di Paravati però non era una persona comune, ha avuto dei doni, messi a disposizione di persone sofferenti, consigliera e prossima a tanta umanità che si recava per ricevere aiuto e preghiere.

Chi era Natuzza? Fortunata, che prende il nome dalla nonna stessa, racconta che lei era “una contadina, analfabeta, però sapeva amare, povera, sfuggendo la tentazione di divenire un personaggio”. “Mia nonna ci ha lasciato importanti insegnamenti, di essere uniti, di fare la carità”, riprende Fortunata, “lei vedeva Gesù, è cresciuta con lui, dialogava con la Madonna (da cui è nata la supplica di mamma Natuzza pregata nei cenacoli da lei voluti), come un bambino chiede alla mamma”.

Mentre Fortunata parlava e raccontava, c’era tanta attenzione, quasi quasi come se fosse presente mamma Natuzza. “Visioni, apparizioni, in comunicazione con il mondo del cielo, stimmate, emografie, bilocazione, l’ubbidienza alla chiesa”, ci vorrebbe una intera giornata per parlare della nonna, conferma Fortunata, e lei è testimone diretta della passione che viveva, il costato aperto, il casco di spine, figure religiose che comparivano nelle ginocchia (Eucaristia e Gesù) nei periodi della settimana santa. Confida Fortunata che “la nonna ha vissuto periodi difficili, non è stata capita, è stata addirittura ricoverata da ragazza in manicomio. Attenzionata dai medici, parlava in tutte le lingue, capiva e rispondeva”. Riportando alcune parole della nonna, lei diceva: “io ripeto quello che dice l’angelo”

Dopo la testimonianza di circa un’ora, la comunità dei fedeli, ha pregato il rosario e hanno partecipato alla Messa presieduta dal parroco. Un passaggio importante è stata l’affermazione “se la nostra fede non parte dal nostro cuore non faremo mai nulla” e questa è una pura verità. Alla fine della celebrazione la foto ricordo e i saluti con Fortunata, accompagnata dal marito, è stata molto felice di questo momento di preghiera e di testimonianza: “è un compito che mi ha dato la nonna, ed io vado dove sono invitata”.

Si è fatta sera, il cielo si è mantenuto sereno, e i fedeli rientrano nelle loro case, commentando l’incontro, pensosi, e più fiduciosi, perché la nostra vita è fatta “di terra e di cielo”, e in questa Calabria difficile, ostile, generosa, testarda, immobile, ci sono feritoie di cielo attraversate dalla luce di Dio.

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