SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO – Lc 9,11-17

Ogni anno, la solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo ci immerge nel mistero e nel cuore della fede cristiana. L’Eucaristia è il sacramento più incompreso, sovente diventato un appuntamento per festeggiare tutto ma non il Festeggiato (sic!!). La Messa domenicale è vista come un dovere piuttosto che un incontro, quella feriale conta solo se si fa menzione del nome del defunto oppure se c’è una ricorrenza particolare. Questa riflessione ci permette di renderci conto del valore che hanno le nostre celebrazioni eucaristiche. Quando possiamo dire di avere partecipato a una Messa che fosse veramente viva? Se non siamo poveri, se non sentiamo fame e sete, non avremo mai il desiderio di conoscere e incontrare il Signore nelle specie eucaristiche, fame di lui, fame di amore, fame di eternità. Il vangelo di questo anno, quello della moltiplicazione dei pani, ci riporta nel deserto, Gesù chiede la mediazione ecclesiale dei discepoli, offre tutta la sua vita, che diviene Eucaristia: “Nell’Eucaristia riscontriamo il pieno avverarsi di quel progetto di amore per cui il figlio di Dio è disceso dal cielo, si è abbassato fino a farsi carne e sangue come uno di noi” (GC).

La prova del deserto
Il deserto diviene lo spazio ideale per l’azione di Gesù, la signoria di Dio, lo spazio delle sue premure. Richiama il viaggio d’Israele dopo la liberazione, dove ha sperimentato la paternità di Dio, lo spazio simile che consente a Gesù di mostrare il suo amore. C’è una folla che ha ascoltato la predicazione di Gesù, i discepoli vogliono congedarli, però lui li coinvolge, nonostante le poche risorse disponibili: cinque pani e due pesci. Il racconto ha una forte valenza simbolica, cristologica ed ecclesiale, non solo, assume una colorazione escatologica, il banchetto del Regno.

Mettersi in gioco
C’è un realismo dei discepoli, la soluzione facile è mandare via la folla, ma dove sta la compassione? “Gesù li spinge al contrario a mettersi in gioco, li invita a dare loro stessi da mangiare, si tratta comunque di un invito a coinvolgersi nella situazione, perché attraverso questo coinvolgimento, riusciremo a capire qualcosa in più di Dio” (GP). Il Signore è con loro, ma non se ne rendono conto. Tra l’altro, nessuno dei discepoli si appella a Gesù, nessuno di loro richiama il maestro al suo impegno, nessuno esprime la fiducia in Gesù. “La pedagogia di Gesù prosegue e li aiuta a fare un’esperienza di Dio. Le persone sono invitate a sedersi per gruppi di cinquanta: è un rimando al racconto dell’Esodo, al tempo cioè in cui il popolo ha attraversato il deserto e ha sempre trovato il cibo nonostante la paura di morire di fame” (GP).

Il farmaco dell’immortalità
Qualche anno dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, divenuto un’anticipazione di ciò che compirà all’interno della sala del cenacolo nell’ultima sera della sua vita terrena, Gesù riprende quei gesti; prese, alzò, recitò, spezzò, e alla fine, distribuire. Ecco la mediazione ecclesiale, “si tratta di portare qualcosa che non è nostro. Il compito sacerdotale è un compito di mediazione. Proprio per questo occorre sempre ricordare che questo ministero è un servizio” (GP). Sono gesti eucaristici, dove emerge lo scontro di due logiche: quella individualista, umana, dell’indifferenza, di congedare la folla; quella di Gesù, la compassione per la folla, l’attenzione, la cura. L’invito di Gesù è di vedere con occhi diversi, prendere la strada di vita, di speranza, di chi si mette nelle mani di Dio, ci viene chiesto anche di aiutare il Signore a sfamare coloro che si trovano nel deserto.

Come si diceva all’inizio, occorre sentire fame per capire, gustare, assaporare l’Eucaristia. È necessario prendere coscienza della fame che abita dentro di noi, a ricordarci che la logica vincente è quella eucaristica, l’Eucaristia come sacramentum caritatis ci ricorda che la carità è sì una virtù, ma teologale. “La carità non la si fa, ma la si riceve. Prima ancora di essere qualcosa che noi facciamo, la carità è una realtà che ci fa, ci plasma, ci converte: essa riguarda il nostro essere, la qualità della nostra umanità. Investe il “chi siamo”, non semplicemente il “che cosa facciamo” “(LM).

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