LE COLONNE DELLA CHIESA – DOMENICA 29 GIUGNO 2025

LE COLONNE DELLA CHIESA – DOMENICA 29 GIUGNO 2025

LE COLONNE DELLA CHIESA – DOMENICA 29 GIUGNO 2025 1290 1470 Vincenzo Leonardo Manuli

La fede è un cammino, non è data mai per scontata, non è esente da prove, da difficoltà e da persecuzioni, e Dio che è il protagonista, chiama nei modi impensabili, perché la vocazione è dono e  misteroLa fede la si conserva non irrigidendola, quasi ingessandola, perché la fede è in intima relazione con la vita, con la storia e con il dinamismo spirituale dell’esistenza del singolo credente come della comunità cristiana. Paolo parla della fede come fatica, lotta e corsa. Pietro, la fede vulnerabile e rocciosa, sa bene che non vi è altra pietra di fondamento dell’edificio della chiesa al di fuori del Cristo risorto. Attraverso le immagini della lotta, della roccia, delle chiavi e del potere di sciogliere e legare, l’uno, Paolo, l’altro, Pietro, sono “due storie diverse, due modi di vivere la relazione con Cristo, due personalità che hanno sperimentato anche il conflitto e la differenza di opinioni” (GP), sono le colonne della Chiesa di cui contempliamo gli inizi e il loro martirio fino all’effusione del sangue.

Dio entra nella storia e opera attraverso l’umanità, mediante il quale ha posto le fondamenta della sua Chiesa. Pietro è stabilito come il necessario punto di autorità e di comunione nella chiesa, riconosce di essere stato liberato dal fallimento e dalla prigione dal Signore che ha mandato il suo angelo a strapparlo dalle mani di Erode. Sin dall’inizio l’incontro di Pietro con Gesù è segnato dall’esperienza della sua vulnerabilità, e scopre che il protagonista della sua salvezza è il Signore Gesù. La fede salda di Pietro si manifesta nella capacità di paternità, di generare, portare e sostenere altri nel loro cammino di sequela del Signore e nella loro vita di comunione: “Per arrivare a seguire veramente Gesù, ha dovuto fare l’esperienza della sua vulnerabilità, si è scoperto traditore e vacillante, si è lasciato andare al pianto per poter vedere meglio” (GP).

Il fariseo zelante

La storia di Paolo è molto diversa, perché non ha incontrato Gesù nella sua vita terrena, non faceva parte del gruppo dei Dodici. “La cifra di Paolo è certamente la radicalità della conversione: da persecutore ad apostolo” (GP), folgorato sulla via di Damasco. Anche Paolo, riconosce che il Signore «gli è stato vicino e gli ha dato la forza perché potesse annunciare il vangelo a tutte le genti» (cf. 1 Tm 4,7. 17). Per l’apostolo la fede non è una conquista dei propri sforzi o di un impegno personale, ma un dono dall’alto da saper accogliere e conservarenella fedeltà e nella perseveranza.Anche Paolo riconosce che il Signore Gesù è colui che lo ha salvato e lo ha sostenuto per essere apostolo del vangelo, Tutto posso in colui che mi dà forza!.

Le chiavi

Il vangelo di questa solennità è l’episodio della confessione di Cesarea e delle chiavi consegnate a Pietro, non solo, prima di questa dichiarazione Gesù interroga i suoiLa gente, chi dice che io sia? L’opinione del­la gente è bella e incompleta e riprende: Ma voi, chi dite che io sia? “Voi non accontentatevi di ciò che sentite dire, non omologatevi al pensiero dominanteGesù, invita a cercare dentro di sè. E Pietro risponde da innamorato: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”. La vita, innanzi tutto. L’eternità. Qui in mezzo a noi. Poi i due simboli: a te darò le chiavi; tu sei roccia. Pietro, e secondo la tradizione i suoi successori, sono roccia per la Chiesa nella misura in cui continuano ad annunciare che Cristo è il Figlio del Dio vivente. Sono roccia per l’intera umanità se ripetono senza stancarsi che Dio è amore; che Cristo è vivo, vivo tesoro per tutti” (ER). Sono singolari le parole della beatitudine rivolte al discepolo che riconosce in Gesù il Cristo, il Figlio del Dio vivente, per riconoscere davvero chi è il Cristo, non bisogna affidarsi a ciò che dicono gli altri, nemmeno alle proprie capacità umane, ma solo al Padre che è nei cieli. 

La liturgia della Parola è la trasformazione della solennità dei due apostoli in una glorificazione della salvezza, e “celebrare queste due figure significa oggi contemplare le nostre origini, nella consapevolezza che in quegli inizi c’è molto di noi. Soprattutto ci insegnano l’amore per Cristo, un amore senza limiti, disposto a dare la vita” (GP).L’iconografia bizantina rappresenta Pietro e Paolo mentre si abbracciano insieme e il Prefazio della solennità proclama, rivolgendosi a Dio Padre: 

«Tu hai voluto unire in gioiosa fraternità i due santi apostoli: Pietro che per primo confessò la fede nel Cristo, Paolo che illuminò le profondità del mistero, il pescatore di Galilea che costituì la prima comunità dei giusti di Israele, il maestro e dottore, che annunciò il Vangelo a tutte le genti. Così, con diversi doni, hanno edificato l’unica Chiesa».

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