XIV TEMPO ORDINARIO – ANNO C – LC 10,1-12.17-20
Molte file di banchi sono vuoti, sarà il caldo, qualcuno è in vacanza, ma l’estate è il tempo della dispersione, senza Eucaristia, come se nel resto dell’anno, il dovere o il precetto fossero l’unica motivazione. A chi proclamiamo questo vangelo? Cosa abbiamo costruito lungo l’anno pastorale? Molti parroci, si sforzano tra campi estivi e grest per non perdere il gregge, resistono i pochi soprattutto i più fedeli, la maggior parte, gli anziani. Quanto è difficile essere cristiani, gioiosi, liberi!!! Il vangelo di questa domenica ci parla della missione della chiesa, se ne vanno spogli di tutto, espropriati di ogni bene materiale, senza sicurezze, forti del mandato divino, unti dall’amore, per le strade del mondo, in viaggio, pieno di imprevisti e di sorprese, pronti a camminare con la gente, ad incontrare i poveri, i malati, a mani aperte, a piedi nudi con il cuore colmo di gioia.

A due a due
Non da soli, insieme, a due a due, un legame, con la certezza: non siamo soli. Perché due a due? “Il numero due è infatti anche il principio della comunità, è l’inizio da cui si sviluppa e prende avvio una realtà più ampia”(GP). A due a due, per essere testimoni di comunione, di fraternità, con il compagno, cum-panis, perché se cade l’uno, l’altro lo rialza. A due a due per testimoniare che non siamo autosufficienti, per sostenerci a vicenda. Ma c’è un terzo, “dove sono riuniti due o tre nel mio nome io sono in mezzo a loro” dice Gesù, un filo invisibile lega la comunità, cammina affianco a noi e diventa possibile e presente già nella nostra vita.

La risorsa preziosa
Non si va in viaggio sprovvisti, differenti, come “agnelli in mezzo ai lupi”, senza presunzione o arroganza. “Il discepolo non si pone come centro del messaggio, né sente la sua vocazione come fonte di potere” (GC), ma con tutta umiltà In questo viaggio c’è qualcosa di grande, la ragione della gioia della missione, e alla fine del viaggio, i discepoli sono chiamati a fare memoria, a rileggere il percorso fatto: “Proprio la fatica della vita, l’impegno e le esigenze del viaggio hanno fatto emergere la ricchezza che si portavano dentro. Ma più di ogni altra cosa, hanno scoperto, lungo questo cammino, che sono amati da Dio, i loro nomi sono scritti in cielo, cioè sono e siamo nel cuore di Dio. E questo ci basta!” (GP).

Uno stile nuovo
La missione ha un’ampiezza e una portata universale, nessuno è escluso, “tutte le genti”, e bisogna pregare per ricevere la forza spirituale per la missione, “la preghiera “serve per vedere” che la messe è molta e gli operai sono pochi! Ma chi ci crede?” (GC) . In viaggio, poveri, sobri, perché “l’annuncio deve essere sereno e coraggioso: non bisogna mai lasciarsi tentare dal fascino della violenza e dall’imposizione forzata, ma sempre essere rispettosi della libertà altrui e mai scendere a compromessi o accomodamenti” (GC). Quello che gli altri, il mondo, gli indifferenti, i miscredenti si aspettano dai discepoli del vangelo, è: “come si amano”, che si aiutano a vicenda, si perdonano, si consolano, a due a due, legati da un amore disinteressato. E quando le ferie estive termineranno, e di nuovo si affacceranno i “cristiani a tempo”, ricominciamo daccapo, può darsi che sia mancata la forza dell’annuncio.
Shalom
I discepoli vanno disarmati, forti, non proclamano dogmi o dottrine imparate a memoria, non discorsi astratti e lontani dalla vita della gente, ma una parola: Pace! Sono messaggeri di Dio, augurano quello che vivono, “è la salvezza, la pace, la possibilità di dare senso alla propria esistenza, di dare risposta a tutte le domande profonde che ci si porta dentro” (RL), una pace offerta, non imposta, mettendo in conto la libertà dell’altro, il rifiuto, ma continuando a pregare, senza giudicare o accusare.
Commentando il vangelo di questa domenica, Luigi Verdi scrive: “Anche noi mandati, disarmati e forti, sappiamo che con Te avremo il sapore del pane che spezzerai, avremo il calore del fuoco che accenderai, la forza della vita che ci donerai, la dolcezza dell’amore che ci regalerai”.

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