Se non fosse per il nome che porto ..


Vita
San Leonardo di Noblat (o Noblac)[1], è “uno dei santi più popolari dell’Europa occidentale nel tardo medioevo”. Eremita e abate, (probabilmente aveva ricevuto l’ordinazione diaconale) si hanno poche certezze e dettagli della sua vita ma non si può dubitare che sia esistito e della sua intercessione, il cui culto e devozione è stato tramandato per via orale. Le fonti scritte, la liturgia, le preghiere, la Messa in sua memoria sono andate smarrite, tuttavia si conservano reliquie e luoghi. Nato in Francia, il 496 ca., morto a Noblac il 6 novembre del 545 ca, si hanno notizie di una vita posteriore intorno all’anno 1000 da un autore anonimo, Vita Sancti Leonardi. La sua storia si mescola alla leggenda, come avviene per tanti santi ed eroi che raccontano in maniera fantasiosa, secondo il genere letterario dell’epoca. Di famiglia nobile legata con il re Clodoveo che si convertì dal paganesimo al cristianesimo grazie al Vescovo di Reims San Remigio, maestro di San Leonardo, ottiene dal re Clodoveo come il Vescovo Remigio di poter liberare i detenuti. Conforta vedove e orfani, predica il vangelo, aiuta i poveri, guarisce gli ammalati, si diede alla vita eremitica e fondò un monastero. Si rifugia in una foresta nei pressi di Limoges. Un giorno passando da qui, il re lo implorava perché la moglie, la regina Clotidle, soffriva per le doglie del parto. San Leonardo prega e la regina partorisce. Come ricompensa il re offre un pezzo di terreno e lui edifica una chiesa in onore della Madonna, chiamandolo quel luogo “nobiliacum” . Egli è raffigurato con l’abito monastico, la cappa nera, a sinistra ha il vangelo e a destra le catene. Invocato come patrono dei prigionieri, delle partorienti, dei fabbri, a lui sono state dedicate numerose cappelle e chiese.

Cappella Santa Maria in Ara Coeli
Se non fosse per il nome che porto .. quando c’è un quadro, un dipinto, mi fermo ad osservarlo, il santo di cui porto il nome, i miei genitori mi imposero il nome del nonno paterno. In una cappella intitolata Santa Maria in Ara Coeli, del comune di Saracena, attualmente un restauratore sta “facendo partorire” e venire alla luce affreschi sepolti da intonaci, un ciclo mariano e San Leonardo abate.

Sono tante le domande e si possono solo formulare ipotesi. C’era un oratorio o probabilmente, la presenza di qualche eremita (rifacendosi al santo) un monastero. Come mai questo affresco dedicato a San Leonardo nel ciclo mariano? Non mancano mai i poveri, gli ammalati, le arti e i mestieri, come carpentieri, fabbri, può darsi anche sia stato invocato da famiglie che avevano dei detenuti innocenti in carcere. La cappella è situata nella parte vecchia e storica di Saracena, piccole case antiche, vicoli, nei pressi si trovano altre cappelle, e può darsi che il luogo di culto era anche usato per insegnare, non solo per la liturgia, per la preghiera, che accoglieva tanti poveri e ammalati.

L’opera di restauro
Passo dopo passo, grazie all’impegno dell’Associazione Culturale Sextio, del restauratore Giovanni Piccirillo, si sta regalando e restituendo al popolo di Saracena e dei devoti questo antico luogo. Non solo, scendendo, nella Chiesa dedicata a Santa Maria del Gamio,

c’è sopra un altare, in fondo alla chiesa, un dipinto in cui è raffigurato San Leonardo. Alcuni sostengono che in passato c’era una confraternita, il nome di Leonardo è diffuso, sono piccoli dettagli di un culto e di una diffusione popolare intorno al Santo. Che siano stati i Normanni a portare questo culto visto le origini francesi di Leonardo?

La sensazionale scoperta di questi affreschi, incuriosisce, meraviglia, provoca a scavare, a fare ricerche, con pazienza meticolosa, come l’opera del restauratore, silenziosamente e scrupolosamente sta svolgendo un lavoro encomiabile da cui è visibile l’attenzione, la cura e la passione. Frammento dopo frammento, passo dopo passo, il restauratore si immerge nella storia, contempla i colori, le immagini sacre, le accarezza e li guarda con stupore, prega, penetra nel mondo del divino, ripete l’opera dell’artista che ha impresso nelle pareti il mondo della Gerusalemme celeste.

Origini dell’affresco
L’affresco, si ipotizza sia stato realizzato tra il XIII e il XIV secolo, di origini bizantine, lo dicono i colori: in alto, lo sfondo di colore rosso, simbolo del sacrificio e della redenzione di Cristo; sotto, lo sfondo di colore oro, simbolo della luce e della trascendenza; la mano destra in segno di benedizione, un gesto sacramentale, il pollice, l’indice e il medio, indicano le tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; il mignolo e l’anulare, indicano le due nature di Cristo: umana e divina.

Immagino che procedendo con i lavori emergeranno nuove sorprese, e non solo. Non è solo per il nome che porto il mio interesse, ma la storia, le vicende sociali, lo sviluppo culturale, la cultura in sé stessa, spinge ad interessarsi, perché il presente non può essere capito se non sappiamo chi eravamo nel passato. Interessante è stata la presentazione di questo processo, tutto raccolto in un libro La chiesa di Santa Maria Ara Coeli a Saracena. Primi studi e proposte di valorizzazione di un inedito ciclo pittorico. Ediz. critica di E. Di Fede (2022), quali primi approcci per accostarsi a questo piccolo museo sacro. Non finisce qui, attenderemo l’opera finale del restauratore, il contributo dell’Associazione Sextio, e di ogni appassionato che possa contribuire a valorizzare questo importante scrigno di fede e di cultura.

[1] LUZI L., I Santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Edizioni Shalom, Camerata Picena, 2018, 1076.
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