UNA RELIGIOSITÀ CHE VUOLE TOCCARE

UNA RELIGIOSITÀ CHE VUOLE TOCCARE

UNA RELIGIOSITÀ CHE VUOLE TOCCARE 1536 2048 Vincenzo Leonardo Manuli

La nostra vita sensibile, sensoriale, fisica, ha bisogno di incontrare, di abbracciare, essa esprime il desiderio di comunione dell’uomo, del suo essere “animale sociale” diceva Aristotele, e senza questo sarebbe una morte lenta lenta. Nel toccarec’è un senso materiale e un senso etico, di responsabilità che crea socialità, impegno, soprattutto nella compassione: “La compassione, cioè, etimologicamente, il soffrire con l’altro, ha un senso etico. È la cosa che ha più senso nell’ordine del mondo” (Emmanuel Lévinas). Nella compassione c’è un guardare che è toccare, dà fiducia, promuove, riscatta e riabilita, uno sguardo profondo, in cui si guarda e si è guardati, anche quando Dio ha creato guardava, contemplava la sua opera e il testo della Genesi dice: “Vide ed era cosa buona e bella”.

L’umano è alito, spirito, corpo, che si estende, si prolunga al di fuori di se stessi, tutti i sensi toccano l’altro, il mondo, gli animali, la natura, le cose, un con-tatto che dà vita. Pensiamo ad un abbraccio, al bacio, alla carezza, ci prolunghiamo, estendiamo il nostro io, in cui esplode la fraternità, la comunione dell’amore, il bisogno di stare con gli altri: Il tatto è sempre un esercizio per ogni animale vivente. Ogni giorno della nostra vita, fino a quello della morte, quando qualcuno, toccandoci, dirà: “Non respira più!”. Il tatto è reciproco, si accende grazie al con-tatto. È mediante il tatto che realizziamo la relazione del corpo con il mondo: il nostro corpo tocca e prende qualcosa dal mondo che, a sua volta, è tangibile. Ed è il tatto che, più degli altri sensi, attesta l’esperienza certa, secondo l’espressione comune: “Toccare per credere” (E. Bianchi).

Questo è l’aspetto positivo dell’incontro, di chi cerca, nella sfera affettiva, familiare, sessuale. C’è anche il lato negativo, quello che evita, si isola e si emargina, un’autoesclusione mortifera che si estromette dalla comunione e porta alla morte, una carne che muore di solitudine provoca all’interruzione della comunicazione e conduce ad un epilogo nefasto e deleterio, una asocialità che a volte si sperimenta anche in gruppi chiusi, autoreferenziali e autarchici.

La chiusura all’alterità, alla trascendenza, non è una scelta di isolamento in cui smette di riconoscere l’autorità, un principio, un errare senza luogo e senza riferimenti?

Ogni toccare riguarda anche la sfera spirituale, i sensi umani non hanno solo qualcosa di materiale, ci sono risvolti psicologici e morali. Si diceva dell’importanza del senso etico, un appello e un linguaggio molto delicato e misterioso. La vita umana è relazione, con i fratelli e le sorelle, con tutta la natura, una socialità nel quale entra anche la sfera religiosa, il divino. Perché possa realizzarsi questo toccare è importante l’elemento della fiducia, qui avviene l’evento relazionale, l’accadimento, l’esperienza tattile che allontana dalla solitudine mortale, strappa dall’individualismo mortifero che distrugge l’essere, come un albero posto in un giardino lontano dagli altri alberi e senza un raggio di sole.

Tanta violenza al quale assistiamo e forse siamo tutti assuefatti, non è frutto della mancanza di fiducia, e quindi la paura che indurisce il cuore, corrompe le relazioni e rinchiude in se stessi in un solipsismo che distrugge se stessi e la comunità? Facciamo esperienza di impotenza, di estraneità, senza coinvolgimento, un’aridità che ci fa stare più insicuri e sospettosi dagli altri.

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