A zonzo per Saracena: tra frammenti d’arte e crolli di esistenze (MB)

A zonzo per Saracena: tra frammenti d’arte e crolli di esistenze (MB)

A zonzo per Saracena: tra frammenti d’arte e crolli di esistenze (MB) 2560 1152 Vincenzo Leonardo Manuli

di Mariangela Bisconte

Alcuni regali non sono da scartare. Alcuni regali sono l’inaspettatol’improvvisatoil non pianificato. Alcuni regali sono giornate di sole pieno in questo tempo che è ancora inverno ma non ancora primavera. Regali sono gli sguardil’ascoltare. Il non sentirsi più divergenti ma finalmente tranquilli, rilassati, anche in mezzo alla gente. Proprio quella gente che si e’ allontanata o si e’ deciso di allontanare perché tutto e tutti deludono e si è perso qualsiasi tipologia di appiglio o spiraglio di luce. Regalo è l’incontro.

E così come a seguire i versi di Dino Campana ci incamminiamo e […] cammina e via cammina, già le case sono più rade […], e allora finiamo a ritrovarci in un posto così apparentemente lontano da tutto eppure così vicino da raggiungere. Un luogo -un ex convento dei cappuccini- che sembra la perfetta metafora della nostra esistenza in questo tempo eccezionale che ci troviamo a vivere. 

Le mura portanti e le zone non ancora crollate, lasciano intravedere quello che un tempo doveva essere: un luogo ricco, accogliente, intriso d’arte, ma anche semplice e senza troppe pretese. Un luogo in cui trovare e ritrovarsi, avendo il proprio tempo per raccogliersi e guardare oltre grazie ad affacci mozzafiato sull’infinito.

Quello che ne rimane ora é abbandono, sporcizia, rifiuti, erbacce, crolli, frammenti di esistenze autodistruttive che come anime dannate si aggirano in notti lunghe tutta una vita. Eppure da quegli archi, da quel tetto crollato entra tantissima luce: una luce che vorrebbe essere salvifica e della quale, forse, non si accorge più nessuno. La natura si riprende poco alla volta i suoi spazi, lì dove l’uomo ha fallito e non ha alcun interesse. Natura che fagocita esistenze, epoche, passi, viandanti, sguardi curiosi, quasi a voler lentamente azzerare il tutto per far ripartire il tutto da zero.

Si va a zonzo, attenti alle crepe nei pavimenti, attenti che non spunti qualche animale selvatico, attenti però anche alle analisi storico-critiche che si fanno su ciò che i nostri occhi vedono. Ad un certo punto viene chiesto “non so perché sei qui; cosa ci fai qua?“… e la risposta muta è: non lo so. Forse ci eravamo persi, forse stavamo crollando come questo luogo, forse avevamo solo bisogno di un po’ di sole e di amici sinceri per riemergere dalla devastazione.

(Per gentile concessione dell’Autrice che ringrazio)

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