NON CHIAMATELI EROI

NON CHIAMATELI EROI

NON CHIAMATELI EROI 2560 1920 Vincenzo Leonardo Manuli

Se non li definiamo eroi come possiamo chiamarli? Chi è l’eroe? L’eroe è colui che dà prova di coraggio, bella la traduzione latina, cor-agere, agire con il cuore. Nei miti si attribuiva a questi personaggi eroici gesta o imprese valorose, essi erano una forma di semidio. Il contrario dell’eroe è la viltà, la pusillanimità. Un mito molto venerato dell’antica Grecia era il semidio Ercole, figlio di Zeus, avuto con una donna mortale dopo le sue tante scappatelle, vittorioso in tante fatiche, aveva superato innumerevoli prove, del quale si narrano vittorie e azioni prodigiose con l’assistenza degli dèi

Quelli di cui vorremmo parlare non sono eroi, ma persone normali, non sono dèi come si intendono nella mitologia o nella fantasia, sono storie vere e ordinarie, esponenti della società civile, che hanno lottato per una causa, contro le mafie, per affermare il senso della giustizia, la dignità umana, altrimenti si pensa che lottare contro la mafia sia responsabilità solo di alcuni.

Antonio Nicaso e Nicola Gratteri si impegnano in una nuova impresa, nell’ultimo libro Non chiamateli eroi. Falcone, Borsellino e altre storie di lotta alle mafie (Milano 2021, pp.186), raccontano storie di uomini e di donne che hanno combattuto fino alla fine, e nelle ultime pagine del libro, aperto ad ogni tipologia di lettore, è inserito un glossario con i termini più importanti per conoscere le mafie. Un libro per non dimenticare, i magistrati Falcone e Borsellino, il piccolo Nicola Cocò Campilongo, il piccolo Giuseppe di MatteoRocco Gatto, il giornalista Peppino ImpastatoGiuseppe LetiziaGiorgio AmbrosoliGelsomina Verde e Annalisa DuranteLea Garofalo, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il magistrato Rosario Livatino, l’imprenditore Libero Grassi,  il prete Pino Puglisi.

Bambini, donne, uomini, autorità giudiziarie, imprenditori, giornalisti, la mafia non risparmia nessuno, e la lista potrebbe continuare, storie di chi non ha avuto paura, di chi ha avuto il coraggio di esporre le proprie idee, di ribellarsi, di non piegarsi al compromesso. Non sono eroi, noi forse li giudichiamo così, forse sognavano un mondo diverso, hanno sfidato uomini intoccabili, ma non hanno avuto paura. Non chiamatemi eroe diceva il giudice Falcone, che ha fatto luce su cosa sia davvero la mafia, come il magistrato Gratteri che in Calabria ha dichiarato guerra alla ‘ndrangheta, ma il nodo più complicato è la mentalità ‘ndranghetista, quel modus vivendi, quel silenzio e quella omertà diffusa, infiltrata nelle pieghe della società e delle istituzioni. Io sovente incontro questa mentalità, quella di chi giustifica tutto, quella di chiude gli occhi, quella di chi fa terra bruciata attorno a te, quella di chi calunnia, quella di chi abusa del potere in forma violenta perché si trova in un ruolo in cui invece di servire segue il proprio tornaconto personale. C’è la mafia bianco e la mafia nera.

Non è eroe chi fa il proprio dovere, oggi le loro idee camminano sulle gambe degli altri, e chi lotta contro le mafie è un nano sulle spalle dei giganti, che ha deciso di scegliere di stare dalla parte giusta, non si arrende, lotta contro un esercito di negazionisti. Non ha il Green pass chi è incensurato, oppure per il fatto di farsi paladino della legalità grida contro la mafia per un pò di riflettori. La mafia non è solo un’organizzazione criminale, che ha ramificazioni con la politica, la società civile, con gli imprenditori, con le istituzioni, con la chiesa, è anche una mentalità, e questa è la partita più difficile da giocare.

In questo libro c’è un incrocio di vite, un sogno, che va diffuso ai giovani e non, senza temere nulla, di lottare per i propri ideali, di credere nella libertà, di essere orgogliosi della propria terra. Sono storie belle, forti, generose, anche di sacrificio e di martirio, non bisogna far cadere nell’oblio come si è soliti fare, è un messaggio di speranza, ed è possibile profetizzare un futuro senza la mafia, se si uniranno le coscienze, se ognuno farà il proprio dovere, se smetteremo di girare la testa dall’altra parte, come affermava Padre Pino Puglisi, E se ognuno può fare qualcosa, allora può fare molto.

Penso sia necessario smettere di fare convegni, passerelle, manifestazioni folcloristiche, occorre andare nelle scuole, parlare nelle famiglie, annunciare nelle catechesi parrocchiali, gridare nelle piazze, e preparare una grammatica civica, un breviario, per iniziare una nuova epoca, è una grande occasione, per dire noi ci siamo, e dobbiamo essere testimoni non di parole ma di fatti. Noi abbiamo in questi “eroi” e in altri, un’eredità pesante, non spegniamo i loro sogni, facciamo camminare le loro idee nelle nostre gambe e con il nostro cuore, immaginando un mondo diverso senza la mafia.

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