Il mandato alle Chiese di Calabria: No alla ‘ndrangheta (2)

Il mandato alle Chiese di Calabria: No alla ‘ndrangheta (2)

Il mandato alle Chiese di Calabria: No alla ‘ndrangheta (2) 1024 764 Vincenzo Leonardo Manuli

Il vangelo quale “forza liberante”, va annunciato anche di fronte alla sfida per la liberazione dalla ‘ndrangheta, dalle mafie, dalla corruzione e dalla violenza, da tutto ciò che offende l’umanità, e chiede di essere incentivato questo impegno coraggioso nel cammino sinodale delle chiese di Calabria, un cambiamento di direzione proseguito e intensificato soprattutto nell’ultimo decennio. Esiste una risorsa dall’alto, lo Spirito che le chiese di Calabria devono invocare, ascoltarenon spegnere, è peccato mortale cioè è morte non lasciarlo agire e ignorare i segni della sua presenza. 

Riflettendo sui primi capitoli del documento No ad ogni forma di mafia!, ricordo che in un mio testo di recente pubblicato (‘Ndrangheta questione teologica ed ecclesiale, 2018), ho affermato che la ‘ndrangheta interroga la teologia e le chiese di Calabria non solo come fatto evangelico, dove senza scelte significative si rimane sui principi e sulla teoria, tuttavia occorrono piste di riflessioni teologico-morali a partire dalla definizione della ‘ndrangheta quale male e cancro nel tessuto civile e sociale. Spesso mi domando con quale approccio le chiese di Calabria contrastano il complesso fenomeno malavitoso? La diagnosi di questa piaga molto complessa, che sovente è stata mediatizzata e denunciata solo dalle autorità di pubblica sicurezza e dalla magistratura attraverso fitte e complesse indagini, una criminalità che pervade la maggioranza del territorio calabrese, operando le necessarie differenziazioni della sua presenza.

È irrinunciabile la via del vangelo, però bisogna stigmatizzare che il magistero delle chiese di Calabria (anche della chiesa italiana) è intervenuto solo in circostanze di urgenza e di emergenza e l’ha trovata impreparata alla sfidapervasiva di questo fenomeno. L’impegno proclamato e testimoniato da questo nuovo testo deve essere avvalorato da una costante e perseverante attenzione che coinvolga tutte le chiese, nell’analisi, nello studio, nella ricerca di dati quale osservatori privilegiati in quanto le parrocchie presidiano il territorio con una presenza forte nel quale le comunità si assumano il compito di aiutare tutti i cristiani ad annunciare e mostrare soprattutto il volto del Dio misericordioso.

Si elencano tre sfide, senza pretendere con tutto ciò di essere completi.

1) Conversione permanente delle chiese per essere credibili.

2) Formazione della coscienza.

3) Responsabilità a coltivare segni di speranza.

1) Se manca un approccio teologico-morale, si spreca tempo senza risposte concrete che sollecitano una riforma personale e comunitaria per attuare gesti e segni di amore della carità cristiana. Questo è un punto decisivo, ad esempio, la parresia della denuncia, sostenendo come comunità chi è vittima di sopraffazioni e prevaricazioni mafiose. Spesso le vittime sono lasciate sole, e non c’è chi ascolti il grido soffocato di chi ha scelto da che parte stare, quella della legalità. Sanno le nostre chiese, le parrocchie, le comunità, dare voce a chi non ne ha? Se si coltivano sogni di fraternità e si solidarietà, si isolano i violenti condividendo la gioia di essere famiglia, comunità. Un esempio concreto, l’usura, un male terribile che uccide le vittime, soprattutto in questo tempo di pandemia da Covid19.

2) Un tema delicato è la coscienza, la formazione a livello personale e il perfezionamento dell’ethos comunitario a livello sociale. A livello di popolo occorre scommettere e trasmettere norme condivise e valori frutto di un impegno storico che determina un cammino umano e spirituale di crescita. 

3) Collegata alla coscienza è la responsabilità a non rimanere muti o indifferenti di fronte alla corruzione, al territorio saccheggiato, alle violenze, è una questione sociale che altera la convivenza stessa ed è connessa al vangelo per la promozione della pace e della giustizia. Un esempio dei giorni nostri, i vasti incendi in estate, hanno distrutto ettari ed ettari di bosco, e non c’è stata una reazione forte né istituzionale e né popolare. Questa è una forma di rassegnazione, di pessimismo di fronte al dilagante perpetrarsi della violenza mafiosa e ‘ndranghetista. L’invito alla responsabilità è di non arrendersi quando il campo è inquinato dalla prevaricazione del male.

In conclusione, la forza liberante del vangelo, chiama in causa le chiese e la responsabilità umana del credente nell’analisi attraverso chiavi di lettura morali e teologiche, tenendo conto del termometro della percezione etica, culturale e sociale della realtà in cui viviamo. 

In questo fondamentale passaggio epocale, pandemico, ci stiamo accorgendo dell’esasperarsi dell’individualismo, ciò consegue una perdita di contatto con la realtà concreta, ecco l’abisso del pessimismo nel quale si può sprofondare. Il senso delle sfide poggia in piccoli e semplici gesti, a livello personale e comunitario che condizionano positivamente e perfezionano l’ethos sociale. 

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