La grande tribolazione in Calabria

La grande tribolazione in Calabria

La grande tribolazione in Calabria 150 150 Vincenzo Leonardo Manuli

Quando finirà la grande tribolazione della Calabria? Non faccio un elenco dei mali, dell’afflizione tutta calabrese, non mi piace fare il profeta di sventura, anche se quello che scrivo sono realtà sotto gli occhi di tutti, e in queste ultime settimane, per effetto della pandemia di Covid19, non si è scoperchiato il vaso di Pandora, è diventato palese di fronte a tutti e di pubblico dominio che la sanità in Calabria, è stata il luogo dove si sono compiuti sperperi, corruzione, nefandezze, crimini, a danno dei calabresi, della nostra salute, bene contemplato nella Costituzione italiana ma inadempiuto.
Siamo arrivati al ridicolo, i commissari alla sanità in questi giorni sono stati tre: l’uscente, l’ex generale Cotticelli, ha dichiarato di non essere a conoscenza di un piano Covid in Calabria; poi è succeduto il dott. Zuccatelli, autore di ulteriori dichiarazioni infelici ed è stato silurato; ne arriva un altro, il dott. Gaudio, – a quanto si apprende -, quest’ultimo indagato per concorsi truccati, e nelle ultime ore ha rinunciato all’incarico.
Occorre chiarire, per chi non ha memoria, che in Calabria esiste un deficit nella sanità, accumulato negli anni, enorme, ci sono infiltrazioni della ‘ndrangheta, i politici si sono spartiti i posti, imprenditori hanno speculato sugli appalti, poi, come conseguenza, i commissari, hanno tagliato fondi, hanno ridotto il personale, hanno chiuso gli ospedali, e il peso oggi ricade su pochi presidi ospedalieri, affollati, carenti, fatiscenti.
Il paziente più fortunato, – e deve avere una ricchezza oppure rivolgersi alle banche-, si reca fuori regione per curarsi, oppure, ecco l’inganno, si affida a strutture private, con esborsi per prestazioni che doveva rendere la sanità pubblica e che incidono nel precario bilancio familiare. Il governo nazionale, non ha fatto una bella figura, quello regionale, zoppo e inesperto, in attesa di nuove elezioni, tenta di arginare anni e anni di una politica che ha visto nella sanità, un baluardo per occupare ed esercitare il potere.
Quando finirà la grande tribolazione in Calabria? Oggi siamo in zona rossa, è limitata la nostra libertà, le imprese e le piccole attività commerciali sono moribondi per effetto di questa chiusura, il motivo di questo blocco è perché dobbiamo tutelarci per non sovraffollare gli ospedali ai limiti dell’impossibile, e quello che è più grave, passata questa pandemia, i problemi non saranno risolti, finchè il malaffare, la speculazione e l’occupazione persistente nelle istituzioni locali troverà personaggi spietati, padrini del malaffare che hanno come unico obiettivo arricchirsi, comandare e tenere i calabresi nel buio della notte che non spera più in un’alba.
È una delle pagine più buie della Calabria, non bastava la criminalità, la ‘ndrangheta, l’autostrada incompiuta, i rifiuti tossici, giovani che emigrano, l’usura, la mancanza di lavoro, l’occupazione politica del potere romano, paesi che franano, sempre più isolati e spopolati.
Forse ci consoleremo votandoci a qualche santo taumaturgo, balleremo una tarantella, un po’ di folklore, passata questa pandemia, e continueremo a vivere di mare, di sole e di montagna, ammirati per la bellezza selvaggia del patrimonio naturale, giudicati perché siamo la madrepatria della ‘ndrangheta, mafiosi e parassiti del nord ricco e sviluppato, mentre si dimenticano, che prima i Borboni, poi Garibaldi, – l’eroe dei due mondi -, Cavour e l’esercito piemontese, a cui hanno dedicato vie nella toponomastica, e si aggiunge poi la Lega di Salvini, essi sono venuti solo per rubare e depredare, approfittando della diffidenza e della litigiosità dei calabresi, considerati gente rozza, chiusa, montanari, pastori, campanilisti e mafiosi.
Vorrei un sussulto di dignità, quella dei padri, Alvaro, Padula, Campanella, Repaci, Telesio, mai studiati nelle scuole, vorrei un sussulto di fede, non quella devozione disincarnata, di una chiesa immobile in una terra immobile, vorrei un giorno vedere il calabrese piantare un fiore, un ulivo, un bergamotto, una pianta di agrumi, e non incendiarla, ma innaffiarla e custodirla che parli di futuro, di utopia e di speranza.

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