14 febbraio 2021 VI domenica del tempo ordinario (Mc 1,40-45)

14 febbraio 2021 VI domenica del tempo ordinario (Mc 1,40-45)

14 febbraio 2021 VI domenica del tempo ordinario (Mc 1,40-45) 1170 1533 Vincenzo Leonardo Manuli

Purificami!

Se riflettiamo sulle immagini di Dio in cui crediamo e sbagliando pensiamo che egli sia “esclusivo”, dobbiamo fermarci un attimo e rivedere la nostra fede, perché Dio è “inclusivo”, questo è il Dio che Gesù ci ha raccontato, mostrato, incarnato e rivelato. Di fronte al bisogno dell’altro, alla fame, alla povertà, al peccato, alla morte e ad una malattia come la lebbra, Gesù incontra, guarisce, abbraccia e purifica, toglie dall’indifferenza e dall’emarginazione un uomo rifiutato dalla società. 

L’evangelista registra un forte sentimento di Gesù, di viscere, collerico, perché mosso da compassione, quasi in un terremoto divino, vibra, una manifestazione dell’intervento di Dio che vuole la salvezza e non la morte. Non solo si commuove, addirittura, tocca, cioè, secondo la legge ebraica toccando un uomo malato di lebbra ci si rendeva impuro, ma il puro purifica, ha la forza di trasformare la situazione, di capovolgere e di proclamare la guarigione. 

Gesù tocca il lebbroso, un tocco sacramentale: “Toccare, esperienza di comunione, di corpo a corpo, azione sempre reciproca (si tocca e si è toccati, inscindibilmente!), un comunicare la propria vicinanza, uno sfiorarsi, un brivido, un vibrare di Dio con me, di me con lui” (Ermes Ronchi).

I padri della Chiesa a proposito dei sacramenti affermavano che essi sono il tocco sacramentale di Dio, e toccare significa entrare in comunione, ricevere la vita divina, un’immersione nella grazia santificante che è la novità della Pasqua di Cristo, un bacio divino. 

Penso a questo uomo lebbroso, lontano, disprezzato, solo, escluso anche dal Tempio, senza una vita sociale e religiosa, cacciato e scomunicato che attende la liberazione e da lì passa Gesù, e avviene un capovolgimento. Lo vuole anche il lebbroso nella insistente preghiera ad essere purificato, purificami, di mettere fine a questa mortificante segregazione. Il Dio di Gesù non è un Dio indifferente al grido dell’uomo, egli incontra, abbraccia, tocca, guarisce, è per le relazioni, un volto a volto, dove l’uomo non deve più scappare.

Francesco di Assisi, – raccontano le fonti francescane -, nell’incontro con il lebbroso, avvenne più volte, e quello che prima gli sembrava disgustoso, dopo divenne dolcezza, perché comprese che c’è una malattia peggiore di quella fisica, quella dentro se stessi, che non si vuole accettare, quel fare verità contro la menzogna che regna nella propria vita, farà di violenza, di rancore, di invidia, che deforma il rapporto con se stessi e con gli altri. “Questo dovrebbe essere l’atteggiamento del cristiano verso i malati e verso i peccatori, quando la cura e la misericordia diventano mano nella mano, occhio contro occhio, volto contro volto, un bacio come quello che Francesco d’Assisi seppe dare al lebbroso quale segno dell’inizio di un’altra visione e dunque di un’altra vita” (Enzo Bianchi).

Penso a questo tempo di pandemia, l’incontro con i malati, con gli anziani, con i più fragili, la missione degli infermieri, dei medici, l’accompagnamento spirituale dei religiosi, ognuno, nel proprio specifico ambito, diviene prolungamento di Cristo, quello sguardo che avvicina, quella mano che tocca, quella parola che risana, diventano fonte di consolazione e di vicinanza di Dio che si fa trovare nel volto compassionevole di chi sa trovare gesti di cura e di attenzione verso il più vulnerabile, l‘ottavo sacramento, quello del povero.

Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.

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