Credo nella risurrezione dei morti

Credo nella risurrezione dei morti

Credo nella risurrezione dei morti 1536 2048 Vincenzo Leonardo Manuli

Un cimitero monumentale, Radicena, l’attuale Taurianova (fusione dei due comuni, Radicena e Jatrinoli e altre frazioni che furono uniti nel 1928 con la nuova denominazione), all’entrata alzando lo sguardo verso l’alto si presenta l’Angelodella risurrezione con la maestosa ed elegante postura in cui mantiene lo strumento musicale che avviserà tutti i viventi e i defunti si sveglieranno, quando il Giudice del mondo deciderà il giudizio finale. L’Angelo trombettiere con tutti i cherubini e i serafini che serviranno il Re dell’universo, sarà pronto a suonare la tromba il giorno finale, quello della risurrezione di tutti morti. Quando ero ragazzino, l’adagio popolare era che l’Angelo con la tromba cantava: “tutututututu cu trasi cà dintra non nesci chjù”.

Procedendo all’interno attraversando il grande arco dominato dall’Angelo, si staglia una enorme croce che abbraccia tutti coloro che hanno concluso la vita terrena e invita il visitatore alla preghiera e al rispetto del luogo santo, alla preghiera anche laica, nel campo dove riposano i corpi dei defunti, persone comuni seppellite accanto a qualche artista che Taurianova ha dimenticato. Guardando più in fondo, c’era una cappella, diventata ormai da molti anni un magazzino di roba vecchia, dove non si celebra più, all’interno sta cadendo a pezzi, e non ci sono fondi o non c’è più la fede che rinnovava i luoghi di culto anche perché nessun interesse per una sua eventuale ristrutturazione per riaprire uno spazio per elevare un inno a Dio. Dietro questa cappella l’ossario comune, di chi non poteva permettersi un loculo, non un posto anonimo, dove qualcuno ogni tanto depone un fiore e un cero.

Passeggiando con devoto ossequio, si eleva al Dio dei viventi una preghiera, un requiem, e si osserva come l’usura del tempo e dei ricordi mostra sfrontatamente cappelle abbandonate, senza nessuno che possa posare un fiore, pulire, mettere un po’ di ordine, dove una volta i familiari avevano costruito una cappellina con un altare per “dire messa” al prete. Non per tutti è un lungo sacro, santo, di rispetto, in un tempo in cui valori e principi si sono infranti in un deserto di cuori e di comportamenti, perché se sono tanti quello che vanno a trovare i propri cari, a sentire la comunione con i propri defunti, nella speranza di incontrarli un giorno, altrettanto tanti sono quelli che rubano i fiori, i vasi, statuette religiose, depredano le lapidi per il pregio del rame, delle lampade, spogliando le tombe senza alcun ritegno per avere dissacrato luogo e memoria.

È inaudito che anche in luogo di rispetto, di pace, di silenzio, dove i defunti hanno bisogno di preghiere, in cui i parenti vanno a piangere i loro cari che ornano le cappelle e le cripte con devozione, cercano conforto con abbellimenti floreali e non solo, ci sia anche chi senza cuore e senza dignità non si ferma davanti a nulla. 

Terminata la visita silenziosa e consona al luogo, quello che colpisce di più, uscendo dopo aver pensato al destino comune al quale tutti siamo associati, ci saluta nuovamente quell’Angelo incontrato all’ingresso, di spalle, anche lui violentato dall’incuria degli uomini e dalla violenza del tempo, un’opera che si sbriciola con evidenza crudele che solo agli occhi più distratti sfugge l’indecoroso stato di una delle poche opere importanti e abbandonate.

In un contesto religioso e cristiano che non c’è più, si costruivano edifici religiosi e si adornavano luoghi in cui non mancavano simboli cristiani, adesso lasciati a se stessi, perché non solo la fede viene meno, anche perché non c’è più la cultura della curiosità, la cultura del bello e trionfa la cultura dell’indifferenza.

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