LE SETTE POSTURE DI MARIA

LE SETTE POSTURE DI MARIA

LE SETTE POSTURE DI MARIA 1600 1200 Vincenzo Leonardo Manuli

Maria, la Vergine di Nazareth, Sposa di Giuseppe di Nazareth, Madre di Gesù, Madre di Dio e Madre della Chiesa, è anche discepola del Figlio, che assomiglia al Verbo che lei ha generato. Il concepimento è avvenuto prima nell’orecchio, nell’ascolto della Parola e poi nel suo grembo benedetto e santificato dallo Spirito. Le Sette posture sono stili perchè è Tabernacolo della Parola, Ostensorio del Corpo di Gesù. I vangeli ci raccontano alcuni passaggi importanti della Madre di Gesù, la Vergine che ha detto sì all’Angelo, che ha cantato l’inno di giubilo a Dio, che ha seguito Gesù fino alla croce ed è rimasta in fiduciosa attesa della risurrezione. 

Prima postura: ECCE (Lc 1,26-38)

Eccomi! Hinneni! Adsum! Maria pronuncia il suo sì a Dio, in piedi, uno sposalizio di nozze mistiche, tutta la sua vita è proiettata a Dio. Sono qui, sono pronta, sono tutta tua, a disposizione di Dio, e diviene terra sacra. È terra benedetta, spazio sacro con le lampade accese e i fianchi cinti. Maria è decentrata, ha spostato il suo baricentro, tutto a gloria di Dio, tutto per lui, è un roveto ardente, dimora abitata da Dio, casa profumata della sua presenza. 

Seconda postura: FIAT (Lc 1,26-38)

Si faccia secondo la tua volontà, cioè come vuoi tu Signore, un dialogo che non oppone nessun ostacolo. Maria è tutta protesa all’ascolto, obbediente, in ascolto, orientata all’Amore. Il suo è un Amen, che trova il segreto della sua esistenza nell’amare e nell’essere amata. È donna che si fida e si fonda nell’amore, donna che ritira l’ingombro del proprio io per fare spazio a un tu e dire noi. Ognuno diventa Madre ogni volta che esprime l’indole generativa che realizza la bellezza dell’essere umano.

Terza postura: MAGNIFICAT (Cf. Lc 1,46-56)

La grandezza di Maria è l’umiltà, quella riconoscere le opere del Signore. È un movimento laudativo, in cui Maria diviene passaggio di Dio, si lascia attraversare, entra l’Amore nella storia, lei argilla che si lascia plasmare dallo Spirito Santo. La sua preghiera diventa quella di tutta la chiesa. 

Per accogliere il Verbo, occorre spogliarsi dall’attaccamento al proprio io, occorre fare un passo indietro per fare spazio al disegno di Dio, un processo che Maria accogliendo l’Immanuel, il Dio con noi.

Quarta postura: CONSERBABAT (Cf. Lc 2,41,52)

Maria è discepola che impara giorno dopo giorno, custodisce per riconoscersi, meditare, riflettere, e diviene bocca che racconta. Ella conserva nel suo cuore. Oggi è difficile riflettere, pensare, in mezzo a tanti rumori, lotte, guerre, invidie. Si va sempre di fretta, non si ha mai tempo, se non per stare al cellulare, dietro al computer, chiacchierare, non si ha tempo per l’altro e nemmeno per se stessi. Come si può riconoscere la voce di Dio? Come si può riconoscere la sua presenza? Come si può prendere un po’ di tempo per riflettere su se stessi?

Quinta postura: FACITE (Cf. Gv 2,1-11)

Una festa nuziale, è presente anche la Madre, ma se manca il vino tutto precipita in una divisione, una serie di accuse. Maria interviene, sente come proprio questo impegno, non discute la risposta di Gesù: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». C’è una conversione, dell’acqua in vino, simbolo della conversione dei discepoli, momento decisivo, come quello della Madre: «qualsiasi cosa vi dica fatela».

Sesta postura: STABAT (Cf. Gv 25-27)

Dall’Ora di Cana, all’Ora della Croce. Guardare alla croce è guardare a chi ama fino a soffrire, e ama nella sofferenza e vincerà con l’amore la sofferenza della sofferenza. Non è un elogio della pratica del dolorismo, leggendo in modo sviante la sofferenza di Cristo e quindi proponendo ai sofferenti un esempio sovente non cristiano. “Dio non ci salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non ci protegge dalla morte, ma nella morte. Non libera dalla croce ma nella croce” (D. Bonhoeffer). La sofferenza può essere fisica, psichica, morale; può essere causata da noi stessi, capaci del male attivo, ma anche da altri o dalla stessa natura, e allora diventa sofferenza subita, passiva. Noi non cessiamo mai di interrogarci, di gridare o di sussurrare gemendo: Perché? Maria vive in piedi la passione, e abbraccia maternamente tutti i suoi discepoli.

Settima postura: EXURGENS (Cf. Lc 24,1-8)

Da tre giorni seguiamo Gesù nella sua passione, morte e sepoltura, dal giovedì santo al sabato santo, e ora siamo posti davanti all’indicibile, all’umanamente impossibile, a un evento che appare incredibile al mondo. Siamo di fronte allo stupore, all’imprevisto, un evento davanti al quale ciascuno di noi nella santa notte di Pasqua sente il cuore oscillare tra adesione al racconto ascoltato e dubbio, tra fede e incredulità. Non siamo diversi dai primi discepoli in quel terzo giorno dopo la morte di Gesù. Se l’umano sa legare la sofferenza all’amore, riesce anche a possedere una speranza contro ogni speranza e può confidare a Dio la sua sofferenza, perché il Signore è un Salvatore compassionevole, è un Dio-uomo che ha conosciuto la sofferenza e l’ha attraversata, amando fino all’estremo, ha donato la sua vita, ed è Risorto.

Pensavano di vedere il cadavere, e invece vedono un giovane. Pensavano di vedere un lenzuolo che avvolgeva il morto, e invece vedono un vivente vestito di bianco. Pensavano di vedere un morto disteso a terra, e invece vedono un uomo seduto alla destra: alla destra di chi? Qualcuno ha posto questo giovane alla sua destra, dicendogli: “Siedi alla mia destra” (Sal 110,1) (Enzo Bianchi).

Maria è presente nella vita di Gesù, fino alla risurrezione, pur nonostante la sobrietà dei racconti evangelici, i tanti interrogativi possono trovare risposta nella tradizione della chiesa che l’ha venerata quale Madre di Gesù, Madre di Dio. Numerose sono le preghiere a lei rivolte, antifone, canti, invocazioni, in Oriente e in Occidente, devozioni e processioni, testimoniano il suo ruolo per il fatto che il Verbo prende corpo nel suo seno, mistero di incarnazione e di redenzione di tutto il genere umano.

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