I poveri nostri maestri

I poveri nostri maestri

I poveri nostri maestri 750 821 Vincenzo Leonardo Manuli

XXXII Domenica del Tempo ordinario 7 novembre 2021 (Mc 12,38-44)

Una vedova si reca al Tempio di Dio per pregare e fa il suo dovere, offre tutto quello che hanon il superfluo. Sono i poveri che ci danno una lezione di umiltà, non dalla cattedra insegnano e mostrano di essere grati in Dio, al contrario di chi pesa le proprie cose prima di donare. 

I maestri

Sarà capitato di incontrare nella nostra vita maestri che predicano solo teorie e la loro vita poi è distante dai fatti; sarà capitato anche di avere la grazia di fare amicizia con i poveri, essi sono i veri docenti che ci danno uno schiaffo morale, come questa donna del vangelo, senza protezione per la morte di un marito; una donna sola in una società maschilista; addirittura povera. Al Tempio spende tutto, un piccolo gesto per contribuire alle necessità del culto. C’è chi non può dare ma offre il proprio cuore e “fa circolare nelle vene del mondo l’amore” (E. R.). 

Gesù osserva al Tempio la gara a chi dona di più per farsi vedere; più si donava e più la tromba suonava, conammirazione dei presenti. Quindi, possiamo immaginare che show! I primi posti, le trombe che suonano, gli applausi, i saluti, il placet della gente, e c’è chi passa inosservato, ma nella piccolezza si nasconde la bellezza dei semplici gesti, un’attenzione e una carezza che spiazza. Basta una briciola di tempo, di amore, di cura, di chi crede che la vita non dipende da ciò che si ha, di chi crede nel futuro e si prepara il mondo nuovo. Qui è la vera gioia!

Donare con il cuore

Anche in questo passaggio evangelico c’è la sfilata dell’ipocrisia. È stato un conflitto aspro quello di Gesù con i farisei, un avvertimento che anche oggi rivolgerebbe a tanti ecclesiastici e credenti: “Diffidate degli scribi, degli esperti di Bibbia e di teologia! Quando escono, appaiono con vesti lunghe, filettate, addirittura colorate, indossano abiti sgargianti, si ornano di croci gemmate e preziose, cercano i volti di chi passa per essere salutati e riveriti, senza discernere le persone nel loro bisogno e nella loro sofferenza: volti che non sono guardati, ma chiamati a guardare! Nelle assemblee liturgiche hanno posti eminenti, cattedre e troni simili a quelli dei faraoni e dei re, e sono sempre invitati ai banchetti di potenti” (E. B.). È forse normale cercare riconoscimenti ma non esagerare, quando si adotta questa “postura di arroganza”, si assume lo stile di chi chiede ammirazione, di chi esige sguardi da parte di persone devote. Questi vizi degli uomini religiosi, invece di dare gloria a Dio pretendono gloria proprio a loro, uno stravolgimento del vangelo e delle parole di Gesù. 

Il futuro nuovo

A chi ispirarci? A Gesù, alla vedova, agli umili, che non trattengono nulla. Semplici, disarmati, non si nascondono dietro la mancanza per attirare compassione, essi non sfilano tra i ricchi e i saggi, e Dio guarda il cuore, l’intenzione. Non si può sempre chiedere, bisogna anche dare, si pretende sempre, amare è saper ricevere e dare, il futuro nuovo è oggi, già qui, quando facciamo la nostra parte, e così facendo entriamo nella piena comunione con Dio.

  • Guardiamo alla sostanza delle cose, al contenuto, oppure siamo superficiali?
  • Quando preghiamo, in quale modo chiediamo a Dio di ascoltarci se viviamo troppi rumori?

SIGNORE, INSEGNACI A DARE 

Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.

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