Il purgatorio luogo della speranza. Il posto degli uomini

Il purgatorio luogo della speranza. Il posto degli uomini

Il purgatorio luogo della speranza. Il posto degli uomini 750 582 Vincenzo Leonardo Manuli

Il cantante Simone Cristicchi canta dalle Tenebre alla luce, un testo che mi fa venire in mente il viaggio di Dante dall’Inferno al Purgatorio. Prendo un mio vecchio quaderno di appunti datato 2005, è il corso di Escatologia (ragionamento sulle realtà ultime) e trovo questa frase: “la nostra vita è una grande avventura, verso il grande mistero che è Dio”. Il teologo Balthasar diceva che “l’inferno è vuoto, è necessario sperare per tutti”. Per i teologi esiste, lungo la storia la Chiesa si è assunta la responsabilità di stabilire chi sta in Paradiso. E il Purgatorio? «Il posto degli uomini» è il libro di Aldo Cazzullo (Milano 2021, pagg. 278), che prosegue la sua trilogia dell’opera dantesca. Se nel parlava nel XII sec., appartiene al dogma della Chiesa, una situazione di purificazione per vedere Dio in Paradiso. L’argomento de i Novissimi, cioè, le realtà ultimemorte, giudizio, vita eterna e realtà come Inferno, Purgatorio e Paradiso sono quasi scomparse nel linguaggio e nella predicazione cristiana, eccetto quando c’è qualche messa di suffragio, per cui bisogna ricorrere alla letteratura classica, per riprendere realtà escatologiche, confinate nei posti più sperduti della mente umana. Dante, nella imponente opera della Divina Commedia, parla dell’amore verticale e orizzontale, un testo ricco di piste, opera mai tramontata e sempre attuale, Madame de Staël definiva il poeta fiorentino come «l’Omero dei tempi moderni, poeta sacro dei nostri misteri religiosi, eroe del pensiero».

La tradizione popolare e religiosa colloca le anime nel purgatorio, cioè quelle che non si sono macchiate di gravi delitti ed espiano la loro pena. Un Concilio  quello di Lione del 1274 ha parlato del Purgatorio, non esattamente in questi termini, le anime vivono nella terra di mezzo e di confine in attesa di entrare in Paradiso, scontano una pena ed hanno bisogno di preghiere. La situazione è di transizione. Ci accompagna Dante, a sua volta accompagnato dal poeta Virgilio che prosegue nella scalata della montagna del Purgatorio. “Dante cerca la libertà, dal peccato, dalla superbia intellettuale, dalla rabbia per l’ingiusto esilio, da tutto ciò che lo allontana da Dio e dall’amore. Sembra volerci dire che tutti dobbiamo scontare un po’ di Purgatorio. Ci sono versi famosi e attuali, Dante usa il teatro raccontato tra il dramma e lirismo, il comico e la tragedia, dove qui c’è più dolcezza, ci sono colori rispetto all’Inferno. Quando Dante è stanco per il viaggio terribile, lo sentiamo più vicino, oppure il suo stato di animo di esule, la nostalgia, ci aiuta a sondare i nostri abissi. Nel Purgatorio l’atmosfera è di malinconia ma si aggiunge la speranza, in compagnia di Virgilio, hanno fretta di scalare la montagna. Fa incontri, di angeli, sale i tre gradini della confessione. Qualcuno ha paragonato questo viaggio alle tappe del giro d’Italia. Dante cammina sul crinale di un monte e calca molti elementi, storici, sociali, economici, politici, spirituali, un testo teatrale, per i toni, i movimenti, i gesti, quasi quasi una biografia dell’umano. Per leggere la Divina Commedia, occorre tenere in considerazione queste coordinate. 

La Divina Commedia ovviamente è immersa all’interno di una ermeneutica, non va solo letto ma studiato, occorre anche attrezzarsi storicamente, i cui commenti sono innumerevoli, tenendo conto anche della sua età: Settecento anni! Le anime devono purificarsi dai sette vizi capitali, (Superbia, Avarizia, Lussuria, Gola, Ira, Invidia, Accidia) del quale il cardine è la superbia, “l’amore di se stessi fino al disprezzo di Dio”, sosteneva sant’Agostino. Il suo contrario è l’umiltà, e Dante si rispecchia in questo peccato di orgoglio, e in altri vizi, anche se il desiderio di eccellere può fare cose giganti come la Divina Commedia. Il viaggio verso la luce proseguirà, accompagnato dalla sua amata Beatrice, da studente immaginavo questo amore struggente che ha spinto Dante a questa ascesa, l’amore che muove tutto, crea, dona calore ed energia, e che raggiunge Dio, un Dio patetico al contrario del “motore immobile” di Aristotele  apatico.

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