LE FERITE DELL’AMORE

LE FERITE DELL’AMORE

LE FERITE DELL’AMORE 430 330 Vincenzo Leonardo Manuli

Domenica 24 Aprile 2022  II Pasqua in Albis (Gv 20,19-31)

Ecco un aspetto di Pasqua:

Cristo nel mezzo, proprio nel mezzo della mia e della vostra vita,

più vivente che mai e che ci rende anche noi ancor più viventi.

Ermes Ronchi

Li ritrova tutti lì, riuniti, impauriti, dubbiosi, una comunità nella sua piccolezza, che fa fatica a credere, e il Risorto fornisce una prova, le sue ferite. Alla conclusione, a questi uomini e a queste donne, li investe di un mandato, quello di raccontare l’esperienza pasquale e raccontare l’accaduto di fronte a tutti i popoli.

Gesù  in mezzo

Ci rivediamo nell’itinerario dei discepoli e delle discepole, e a volte il posto che spetta a Gesù viene preso da altri. Il centro invece è il Risorto, con le sue ferite e le sue piaghe, “E ci insegna che le ferite della nostra vita non sono inutili, ma costituiscono la nostra identità, dicono chi siamo, raccontano la nostra storia. E l’amore deve partire da lì: dal contemplare e riconoscere le ferite dell’altro” (G. P.). Egli sta in piedi, segno della sua regalità, e l’esperienza che fanno i discepoli non è solo quella della tomba vuota, anche del Gesù vivo, in mezzo, quel mistero della sua presenza anche nelle celebrazioni liturgiche, presente in ogni eucaristia.

Pecorella smarrita

Egli sta in mezzo ai discepoli e alle discepole, increduli, però rivestiti di una forza nuova, lo Spirito di Dio, con un potere efficace sul peccato, non solo la forza di perdonare, ma anche quella di “ritenere i peccati” cioè di afferrarli per domarli e vincerli quando non possono essere perdonati. Il Risorto sta in mezzo in una casa buia e piena di paura, a porte chiuse. Egli sta in presenza di Tommaso, la pecorella smarrita, il nostro gemello, ci abita dentro, e che vedrà così la sua più che comprensibile incredulità vinta e non potrà far altro che proclamare l’incredibile: “Mio Signore e mio Dio”.

I segni del Risorto

Il Risorto non solo appare, incontra, dialoga, rigenera i discepoli e le discepole, accompagna gradualmente il percorso di questa piccola e nuova comunità, per ripartire, e inviarli per le strade.  “La resurrezione cancella tutti i segni della morte e del peccato ma non i segni dell’amore vissuto, perché l’amore vince la morte e aver amato ha una forza che trascende la morte. Tutta la cura dei malati che le mani di Gesù hanno praticato, tutte le carezze che egli ha dato, tutto il suo amore vissuto nel cuore, tutte le forze sprigionate dal suo seno sono visibili anche nel suo corpo risorto” (E. B.). Apre brecce il Risorto, il suo esserci come carezza e tenerezza, senza gesti clamorosi, presenza in cui l’altro nome di Dio è il nome dell’amore. Non accusa, non rimprovera, non abbandona, sta in mezzo, forza di coesione degli atomi e del mondo. “La carne di Gesù, corpo di uomo, è passata attraverso la passione e morte, e ciò che egli ha vissuto resta anche nella sua carne di corpo glorioso” (E. R.). 

Quando si ama, non si cercano le prove, ci si fida.

Domande:

•  Lascio che le mie ferite siano guarite dal Risorto? • Ricomincio dalle mie cadute?

Impegno: IL DISCEPOLATO INIZIA DA DOVE ABBIAMO INCIAMPATO

Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.

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