Santissimo Corpo e Sangue del Signore
Domenica 6 Giugno 2021
(Mc 14,12-16.22-26)
Al mattino c’era uno strato di rugiada, man hu, dicevano gli israeliti, cos’è? Quella cosa sottile e granulosa, “il pane che il Signore vi ha dato in cibo” disse Mosè. I granelli di sabbia che seccavano gli occhi e la gola, si mutavano in briciole di pane, ma la manna non cadeva dal cielo, cresceva sotto l’umida coltre che circondava l’accampamento degli esuli. Anche i cristiani cantano Pane del Cielo, ma è formato dalla fatica e dal sudore, dalla lotta e dal dolore, dalla gioia della vita vissuta.
Quella sera, Gesù stava per compiere un gesto profetico, la sera della passione, era una cena pasquale, differente dalle altre, prefigurava il sacrificio della croce, e il protagonista lasciava un testamento di amore, la sua presenza, il dono di sé stesso, identificandosi con il pane e il vino, il suo corpo e il suo sangue, una nuova alleanza, quale nutrimento spirituale e cibo che rende forti, testimoni ardenti di coraggio, evangelizzatori, missionari, adoratori.
Come vive un prete la celebrazione dell’Eucaristia? Cioè la Santa Messa? I fedeli come vivono e partecipano e come celebrano in quanto battezzati la Santa Messa feriale e festiva?
Ogni giorno assistiamo alla Santa Messa, il vertice della preghiera, quasi un’abitudine, che non ci trasforma quando è vissuta solo come rito, se è assente un atteggiamento di adorazione, di amore, di gratitudine, di perdono. Noi non dobbiamo assolutamente fare nulla, ascoltiamo e ripetiamo parole senza senso se siamo incapaci di offrire noi stessi, di essere toccati nel cuore, di presentarci umilmente alla Maestà del Signore.
I padri della chiesa parlavano dell’Eucaristia quale medicina, farmaco d’immortalità, il cibo dei forti, così come sant’Agostino confida in una delle sue visioni nelle Confessioni: “Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me”. Sant’Agostino, come ogni anima pura e innamorata dell’Eucaristia, diventa interlocutore intimo, scoprendo in essa la presenza viva sulla terra, per diventare un corpo solo e un’anima sola. Per capire queste parole occorre frequentare, fare amicizia, familiarizzare con il Sacramento dei Sacramenti, comprendere il gesto sovversivo di Gesù, lo spezzare il pane, quale dono della vita, per la salvezza dell’umanità. L’azione che lui compie è un rituale al quale dà un significato tutto nuovo, la sua passione, morte e risurrezione, il suo donarsi fino all’estremo.
Il gesto antico della frazione del pane (fractio panis) è quel prolungamento di Cristo dall’altare alla vita, la condivisione con i poveri e i bisognosi, e lo spezzarsi è come se fosse un frantumarsi quale frumento per essere macinato e diffondere il profumo dell’amore. La celebrazione non finisce con la Messa, fare la Comunione non è un premio o un privilegio per i giusti, ma prosegue nell’adorazione, nella vita, nella visita ai tabernacoli, agli infermi, un impegno di farsi a sua volta dono, e non deve sfuggirci una cosa molto importante, che l’Eucaristia trasforma il cosmo: è “la forza del pane eucaristico, l’uomo diventa eucaristia, per l’universo, nel senso che è con Cristo, germe di trasformazione dell’universo” (Chiara Lubich).
Vorrei cercare di rispondere alle domande iniziali, pe quanto mi riguarda, da battezzato e da prete come vivo la celebrazione dell’Eucaristia, un mistero, di fede, di amore, un dono immeritato per me, indegno, peccatore, una responsabilità e un impegno ad essere come Gesù Cristo, a portare la croce, difficile, impossibile se lui non mi sostenesse in quelle parole tremende, quel “Fate questo in memoria di me”, è un comando di rinnovare nella Messa e nella vita la sua presenza, consapevoli che “ noi camminiamo per le strade del mondo, portando dentro di noi il Corpo del Signore, come la Vergine Maria nel mistero della Visitazione. Con l’umiltà di saperci semplici chicchi di grano, custodiamo la ferma certezza che l’amore di Dio, incarnato in Cristo, è più forte del male, della violenza e della morte. Sappiamo che Dio prepara per tutti gli uomini cieli nuovi e terra nuova, in cui regnano la pace e la giustizia – e nella fede intravediamo il mondo nuovo, che è la nostra vera patria” (Benedetto XVI).
Siamo viandanti che camminano nella notte, siamo sentinelle che scrutano l’aurora, siamo veglianti e vigilanti in attesa dello Sposo. Siamo la lanterna della vita e della fede, e ogni giorno è un passo verso il Cielo. Siamo l’impossibile che diventa possibile, perché l’odio possa trasformarsi in amore, il buio in luce, la guerra in pace, la tristezza in gioia, il pianto in sorriso. Siamo tutte le cose, siamo i colori dell’arcobaleno.
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