I preti e i mafiosi. Rapporti, complicità, distanze

I preti e i mafiosi. Rapporti, complicità, distanze

I preti e i mafiosi. Rapporti, complicità, distanze 1679 2048 Vincenzo Leonardo Manuli

Passavo dall’edicola, ero incuriosito dal titolo di un libro, a caratteri cubitali, blasfemo, «I preti e i mafiosi», annata 2010, con tanto di copertina con “due proiettili a forma di croce” e decisi di comprarlo. Era il 2010, ricordo che attraversavo un periodo tortuoso, allora decisi di acquistarlo. Rimase nella mia libreria a riposo per un po’ di anni, ancora non ero entrato nel club dei lettori, affamati di carta e di conoscenza, e diciamo che il tema nemmeno mi affascinava. Ripresi il testo nel 2016, perché dovevo relazionare al corso di dottorato in Teologia all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Il caso, la fortuna, il destino, io, un insieme di fattori, decisero che l’argomento di tesi doveva essere sulla ‘ndrangheta e il testo mi ritornava utile. Ricordo che ero emozionato, avevo letto il libro ed ero rimasto colpito dell’analisi dell’AutoreIsaia Sales, scritto con esperienza e in maniera scientifica, con tanto di citazioni, dove sorvolava sulle mafie al sud, la CamorraCosa nostra, la ‘Ndrangheta, analizzando le complicità con la Chiesa cattolica, l’ambiguità dei preti e dei religiosi. Si apriva un mondo a me ignorato fino a quel momento.

L’Autore si avvale anche di studi e di letture sull’argomento, approfondisce il tema con un’ampia bibliografia, otto capitoli per circa 367 pagine. Il Sales inizia domandandosi del perché del lungo silenzio della chiesa, delle commistioni tra le feste religiose e le frequentazioni dei mafiosi, la strumentalizzazione della religiosità popolare, la complicità del clero con la mafia, la mancanza della scomunica ai mafiosi, insomma, tanta carne al fuoco, pagine dense di denuncia e con tanti interrogativi. Egli è molto critico verso la Chiesa cattolica, responsabile di non aver contrastato le mafie presente sul territorio, preoccupandosi della dottrina e di questioni ideologiche.

Da lì in avanti, mi sono nutrito di letture affini all’argomento, come se fosse esplode una carica di dinamite nella mia vita, cambiando il mio modo di vedere su atteggiamenti, mentalità, e sinceramente divenni più inquieto per aver sottovalutato negli anni la realtà della ‘ndrangheta e dell’etica del calabrese. Il testo citato non è più in circolo, esce sei anni dopo una nuova edizione, curata, approfondita, con lo stesso titolo, l’immagine di copertina sempre più eloquente, “due mani giunte con un crocifisso che penzola”. Il Sales dichiara che negli anni a venire è stato fatto qualche timido passo in avanti della Chiesa cattolica e delle chiese locali, alcuni religiosi martiri: padre Pino Puglisi ucciso da Cosa nostra in Sicilia e poi beatificato; don Peppino Diana in Campania ucciso dalla Camorra, testimoni di un cambiamento che ancora tarda a realizzarsi nella Chiesa cattolica.

Anche le mafie si sono secolarizzate, continuano a far uso però di simboli religiosi cristiani, e la scomunica non so che senso ed efficacia avrebbe, i mafiosi non temono né il giudizio divino né le sanzioni ecclesiastiche, tenendo presente il ritardo della Chiesa ad affrontare un tema così scottante, al di là dei pronunciamenti a forma di slogan. Due papi, san Giovanni Paolo II il 9 maggio 1993 ad Agrigento in Sicilia, papa Francesco il 21 giugno 2014 a Sibari in Calabria, segnarono una svolta della Chiesa nel rapporto con le mafie. 

Un capitolo mi sorprende, il Dio dei mafiosi, mi ricorda un altro libro che ho letto di Augusto Cavadi (2009), anche questo testo che avevo accantonato e poi ho ripreso per le mie ricerche, fa un’analisi teologica e pastorale. Insomma, nella mia mente brulicano tante domande, è un teatro in cui proliferano interrogativi, e di quanto ancora occorrerebbe studiare soprattutto in Calabria la storia del rapporto tra la ‘ndrangheta e la chiesa calabrese. C’è una distorsione dell’immagine di Dio nel mafioso, nello ‘ndranghetista, ma anche nel credente, e i mafiosi non avrebbero inventato nulla se non avessero mutuato dai credenti e dai praticanti un Dio che nulla ha a che fare con il cristianesimo.

Quello che mi sorprende è il non essermi mai annoiato nell’approfondire l’argomento, anzi, in me c’è sempre un ribollire di questioni, come la mancanza di presa di distanza della Chiesa cattolica dalle mafie, soprattutto da parte delle gerarchie. Il rapporto Chiesa-Mafia, ha seguito un percorso molto lungo, ancora incompiuto a mio modesto parere, non è stata effettuata un’analisi storica, sociologica e antropologica dei rapporti, intrighi, insabbiamenti, del ruolo dei religiosi nel territorio, e di come la pastorale ecclesiale non si sia evoluta, sempre attenta alla esclusiva sacramentalizzazione senza una conoscenza sociale e culturale del contesto, pena anche l’insufficiente formazione permanente dei presbiteri, dei religiosi e dei laici, senza poi alcun accenno alle scienze umane. 

Oggi, non fanno più testo slogan, documenti, processioni per la legalità, convegni, prediche, quando non cambiano comportamenti, abitudini e condotte in cui emerge un andare a braccetto della mentalità mafiosa con quella ordinaria, che non segna il distacco dalla cultura e dall’etica del cittadino, quando si preferisce l’inganno alla giustizia, la truffa all’onestà, la frivolezza alla serietà. Non è questo il luogo, ma si potrebbero esaminare tanti comportamenti che riproducono un “comportamento mafioso”. Ho bisogno di senso, non lo vedo nell’uomo e nell’istituzione, la mia fiducia è rivolta nella compagnia  dei miei libri, unendo la lettura all’amore, il miglior servizio che posso rendere a me stesso e a chi è inquieto nella ricerca della bellezza e del vero.

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