UNA GIORNATA DI ESCURSIONE IN ASPROMONTE

UNA GIORNATA DI ESCURSIONE IN ASPROMONTE

UNA GIORNATA DI ESCURSIONE IN ASPROMONTE 1600 738 Vincenzo Leonardo Manuli

Miti, leggende, storie, spiritualità, religione, natura, e chi più ne ha più ne metta, questo è l’Aspromonte, che custodisce misteri, briganti, fate e personaggi fiabeschi. Tra faggi, piante a serpentelli, siamo partiti dal crocifisso del “Petrelli”, una sosta al cippo dove fu ferito il controverso eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, per raggiungere la punta più alta dell’Aspromonte, Montalto, 1956 mt., dove si erge a proteggere e difendere l’immensa statua bronzea del Cristo Redentore.

Non siamo andati da sprovveduti, guidati dall’esperta guida Diego Demaio, personalità eclettica, ciclista, ex direttore della Biblioteca di Taurianova – quando funzionava – scrittore, cultore dei libri; Domenico De Angelis, e quattro giovani ragazzi della Liguria, con di origini calabresi e in vacanza per stare con i parenti: Matteo, Andrea, Manuel, Riccardo.

Quello che ci ha colpito è sempre la natura selvaggia dell’Aspromonte, strade dissestate (dov’è il Parco Nazionale dell’Aspromonte ??), gli incendi per la mano criminale dell’uomo e la sporcizia lasciata lungo la montagna, rocce, faggi altissimi, vallate, e l’enorme statua del Cristo.  

Un gruppo improvvisato ma saggiamente guidato dall’appassionato Diego De Maio, conoscitore dei luoghi, grazie alla sua esperienza ciclistica, un frequentatore assiduo. Siamo andati alle origini della nostra esistenza, perché l’Aspromonte è sacro, è mistero, è una montagna che ci protegge, un rifugio, per questo non mancano segni religiosi, echi di carovane di pellegrini che partivano per andare a venerare la Madonna di Polsi.

L’Aspromonte che domina la piana di Gioia Tauro, quasi come un abbraccio, si affaccia sul mar Tirreno e sullo Jonio, ma continua a provocare domande, misteri irrisolti, pregiudizi, ricordi, storie negative come quelle dei sequestri di persone, di una Calabria che attende di essere liberata, che non sarà mai libera, che non ha un Messia e che non lo vuole, dove tra il cancro dell’invidia e il veleno dell’indifferenza, il futuro dipende da come noi trattiamo questa Grande Madre che prima o poi si ribellerà, continuando a incensare il fatalismo tragico dell’esistenza, tra il folclore e la droga delle feste paesane.

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