La donna nella ‘ndrangheta nel libro di Marisa Manzini

La donna nella ‘ndrangheta nel libro di Marisa Manzini

La donna nella ‘ndrangheta nel libro di Marisa Manzini 1158 1600 Vincenzo Leonardo Manuli

Bestiale, implacabile, mostruosa, violenta, inappellabile, ramificata, ambigua, affascinante per il potere e per i riti, così si presenta la ‘ndrangheta, che va oltre i generi, anche se è al femminile, ai margini, nascosta. Il ruolo della donna nell’organizzazione criminale è polivalente, ma occorre fare una premessa, la donna, è una questione che affascina, complessa, inedita. Dentro il suo mondo che affonda le origini nel mistero della nostra provenienza, ci affacciamo sul versante del mito, della sacralità, di qualcosa che intriga, specialmente in una società prevalentemente patriarcale nella quale lei ne ha preso il posto, un ruolo riconosciuto e sottaciuto. C’è una simbolica dietro la figura della donna, essa ha il potere di dare la vita, nella fertilità del suo grembo e nella forza di sostenerla, nell’allevare e custodire i suoi figli, ma anche di dare la morte, nella potenza seducente dell’amore violento che stritola l’amato nei suoi tentacoli mortiferi. Non solo ella dispensa la vita, ha una funzione magica e divina, testimoniata dal diffuso culto femminile e dal ritrovamento di statuette votive dell’antichità che indicano colei che addomestica e tesse la vita, un culto che nelle regole sociali è presente in filigrana nella trama dei rapporti civili e nel folklore religioso. Nell’ambito del cristianesimo, questi non è solo la religione del padre ma anche della madre, lo mostrano connotazioni votive di figure femminili che scaturiscono dal culto naturale alla dea madre. 

Sono diversi i libri della ‘ndrangheta nella quale si parla del ruolo delle donne, e quello del sostituto procuratore presso la procura generale di Catanzaro, Marisa Manzini, non è un argomento nuovo, in una tematica inesplorata, sul fenomeno mafioso, e sul quadro antropologico e valoriale, etico e religioso. Nel volume edito del 2022, Donne custodi e combattenti, esso si aggiunge ad altri testi, tanto per fare un esempio: Onora la madre. Storie di ‘ndrangheta al femminile (A. Iantosca, 2013); Fimmine ribelli (L. Abbate, 2013); Iodamorenonmuoio (A. Badolati, 2016); Vittime e ribelli donne di ’ndrangheta, da Lea Garofalo a Giuseppina Pesce (U. Ursetta, 2016).

La donna nella ‘ndrangheta non ha più quel ruolo marginale e dietro le quinte come agli inizi, anche se sono molto rare le ritualizzazioni nei riti di iniziazione, essa è stata sempre lo strumento per ricomporre faide, risolvere contrasti, stabilire alleanze, sostituire nell’esercizio delle funzioni i mariti latitanti o in carcere. La donna nella ‘ndrangheta, custode della tradizione della cultura ‘ndranghetista, trasmette valori, mantiene l’unità della famiglia, e nella letteratura del fenomeno mafioso relativo alla ‘ndrangheta ci sono donne coraggiose e resistenti che hanno offerto la vita: Lea Garofalo, Rosella Casini, Maria Concetta Cacciola, storie di donne vittime della lupara rosa, e storie di donne assetate di sangue e di vendetta.

Il libro della Manzini presenta il doppio volto delle donne, di ribelli e di vittime, del ruolo della religione, quella specificatamente cattolica, nei matrimoni, nei riti dei padrini, nelle processioni religiose. Quello che colpisce è il sottotitolo del volume La signoria della ‘ndrangheta su territori e persone, quanto il potere criminale influisce nella psiche e nella società civile, dove la questione della ‘ndrangheta è non solo rimossa, è la meno studiata nella sua genesi storico e psichico-sociale.

“La ‘ndrangheta prima di essere organizzazione mafiosa è cultura” (p. 79), si combatte non solo parlandone, sui banchi di scuola, nelle aule di catechesi, nelle omelie, nelle università, nei dibattiti pubblici, senza trascurare che questo fenomeno tutto calabrese oggi è diffuso nel nord e fuori dell’Italia (pp. 27-41), esso mostra la forza in una Calabria atavica, ancorata alle tradizioni e ai valori familiari, strumentalizzata quale simbolizzazione della forza regolativa della ‘ndrangheta. 

Il ruolo della donna in Calabria in generale è tuttora subalterno a quello maschile, ancora non emancipata dalla presenza del maschio in funzioni politiche e dirigenziali, anche se nei contesti criminali assume un rilievo di non poco conto. “Il riferimento necessario alla lotta contro la ‘ndrangheta rimane la cultura” (pp. 121-122), perchè questa organizzazione criminale è un fenomeno non solo umano, ma etico, geo-antropico, economico. Non basta un esercito di militari e di investigatori, se a questi non si aggiunge quello di docenti e di personalità istituzionali capaci di infrangere un incantesimo sulle menti e sui territori. Il libro della Manzini offre spunti di riflessione ma non affonda sulla complessità del ruolo femminile della ‘ndrangheta, manca in Calabria uno studio a 360°, e quindi l’Autrice ha sollevato il problema di una tematica mai affrontata, che provoca a svolgere studi e ricerche, cambiamenti di processi e inversioni di osservazioni su una problematica ancora sommersa e misteriosa.

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