Mi sembra di sentire echi alvariani, il pachiderma degli scrittori calabresi che ha fatto conoscere la Calabria al mondo, Corrado Alvaro. Penso a quegli scrittori calabresi, Vincenzo Padula, Mario La Cava, Fortunato Seminara, Leonida Repaci, tanto per citarne alcuni, che raccontavano la Calabria, denunciavano le ingiustizie, mettevano a nudo le tragedie. Questi descrivevano con prova e sofferenza ma con tanto realismo, quella Calabria amara e selvaggia, esclusa dal novero della letteratura italiana, che deve espiare il peccato dei Borboni e dell’Unità d’Italia, della periferia delle periferie e della ‘ndrangheta.

Conosco Carmine, amico che stimo, perché è un uomo eclettico, poliedrico, assetato di cultura, di sapere, un uomo empatico, dallo sguardo puro, sincero e profondo, a prima vista potrebbe apparire sulle sue, timido, ma quando si scioglie, entra in gioco la sua personalità e non potrebbe essere così per un uomo che ha donato la sua vita alla prossimità del sofferente. Dirò alla fine di questa recensione, molto partigiana ma anche autentica, l’uomo Carmine e il medico.
La sua bontà ha voluto citarmi nel retro della sua ultima fatica:

Come dice lui stesso nel suo libro, Macchie d’Inchiostro, lirica del vento sulle zolle della Calabria, (2024, 100 pp.) Carmine, racconta, romanza, usa l’allegoria, la poesia, la mitologia, la storia, le condizioni sociali del tempo, avvezzo all’ironia, “saccheggia la memoria” di un tempo che non c’è più. Nostalgia? Fame, guerre, morti, semplicità di vita, racconta la sua Morano, uno dei borghi più belli della Calabria e dell’Italia, ai piedi del Monte Pollino, in provincia di Cosenza.
La storia si svolge nelle contrade di Morano, …


Racconta storie di persone vissute, Falduccio, Giuseppe, Cornelia, una vita che si dipana in un paese che deve fare i conti con l’emigrazione, la povertà, le privazioni. Carmine è realista, ma anche fortunato, ha potuto studiare, fare propedeutica fuori dalla Calabria. Ogni tanto lo vedi in bici da corsa o sulla barca a pescare, in scooter o a pregare in chiesa.
Chi non conosce Carmine non può addentrarvi in questa storia dove c’è la sua vita, accenna alla sua vita, ai suoi ricordi, tra il senso religioso e quello sociale, al suono della campane, affonda le sue ricerche, spaziando, dalla realtà al mito. Dicevo, che occorre conoscere Carmine, uomo, medico, chinesiologo, scrittore, poeta, sportivo, egittologo, allora si può, parola dopo parola, pensiero dopo pensiero, scorazzare in un film-racconto, dove il lettore rimane sedotto, senza noia. Carmine gioca e danza con la parola e i pensieri, come un’altalena, sincero, dallo sguardo puro, ha macchiato d’inchiostro la storia e la cultura di Morano, ha lasciato una impronta, non solo sul libri, sulla carta effimera, ma sopratutto nel cuore, nell’anima e nel corpo di chi ha curato.

Vi avevo avvisato che sono di parte, ma sono sincero, dico e scrivo quello che sento e quello che provo, e ringrazio Dio di aver incontrato Carmine, un uomo anche di una fede religiosa sincera che ha macchiato d’inchiostro il mio cammino. In senso buono. Vorrei incontrare tanti uomini così, ne conosco pochi, tra questi, c’è Carmine.
Riporto le altezze del suo pensiero e della sua poetica in alcuni versi di guerra e di morte dove si apre uno squarcio di luce:
Non recidere un fiore per portarlo al milite ignoto, / ne uccidi un altro, / tagliando uno, più steli, / spegni il sorriso del sole, / mortifichi il prato. / Cogli i colori della luce del cielo, / dell’arcobaleno di pace, / portali al sonno del giovane. / La tomba avrà finalmente una patria: / la luce del cielo.
Ho avuto più occasioni per esprimere la mia stima ed il mio apprezzamento nei riguardi di Carmine Paternostro, mio amico da molti anni.
Gli auguro di continuare sempre così, uomo di grande cultura, ma soprattutto una bella persona.