LEONE XIV LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E L’IA

LEONE XIV LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E L’IA

LEONE XIV LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E L’IA 1290 1082 Vincenzo Leonardo Manuli

È in atto una nuova rivoluzione con l’IA (Intelligenza Artificiale) che tocca ogni campo e sfera della realtà umana. Il vescovo dovrebbe sorvegliare sulla Dottrina Sociale della Chiesa (DSC). Sempre più di frequente a presentare la DSC come corpus dottrinale che contiene principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive d’azione si è considerati “tradizionalisti”. Bisogna riconoscere che la DSC si inserisce nella tradizione della Chiesa, lo dice espressamente la Laborem exercens (1981) di Giovanni Paolo II. 

Gli insegnamenti della DSC hanno qualcosa che permane e qualcosa che cambia. Un aspetto che emerge da questa visione di pastorale sociale è la trascuratezza della dimensione dottrinale della DSC, ossia della sua natura di “corpus”. Della DS si dice che è “un sapere pratico, circolare, che nasce dal continuo incrocio tra Vangelo e storia” e non bisogna farne una “ideologia da applicare alla società”. È vero che essa è un sapere pratico, ma nel senso che è teologia morale e, come tale, si porta dietro tutta la ricchezza dottrinale della fede cattolica e della ragione naturale ed è essa stessa dottrina. 

Il richiamo immediato a Leone XIII – del nuovo Papa – al secolo Gioacchino Pecci, il Pontefice della DSC e dell’enciclica Rerum novarum, oltre a menzionare i temi del lavoro e della giustizia sociale, quali riferimenti al lontano predecessore, l’IA è la nuova frontiera con cui occorre fare i conti con le relativi implicazioni antropologiche.

«In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; (..) Ma ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede. Modelli di comportamento purtroppo assai diffusi ne esasperano la dimensione razionale-tecnologica o, all’opposto, quella istintuale». Manca il cuore». (n.9). 

Prosegue Papa Francesco:

«Si potrebbe dire che, in ultima analisi, io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone. L’algoritmo all’opera nel mondo digitale dimostra che i nostri pensieri e le decisioni della nostra volontà sono molto più “standard” di quanto potremmo pensare. Sono facilmente prevedibili e manipolabili. Non così il cuore» (n.14).

Ancora: 

«Nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore. Ciò che nessun algoritmo potrà mai albergare sarà, ad esempio, quel momento dell’infanzia che si ricorda con tenerezza e che, malgrado il passare degli anni, continua a succedere in ogni angolo del pianeta» (n.20).

La DSC nasce con il Vangelo, il Verbo di Dio incarnandosi nella storia  dell’umanità l’assume a sé e la  ricapitola. La Chiesa non impone ma offre un insegnamento sociale. Se vogliamo datare storicamente l’elaborazione di una dottrina, essa nasce alla fine del XIX secolo quando in Occidente esplode la questione sociale, offrendo una lettura e una risposta etico-religiosa. Secondo il gesuita Bartolomeo Sorge, esperto in materia, questa fase è quella della “ideologia cattolica” o della “cristianità”, con la pubblicazione dell’enciclica di Leone XIII, Rerum Novarum,  nella manifestazione più acuta della lotta tra proletari e padroni, nella condanna delle ideologie del liberalismo e del socialismo,  affermando il primato dei valori morali. 

Oggi la teologia è chiamata al dialogo con tutti, in uscita, una fede pensata e pensante per trovare un altro punto di contatto e di interazione con la cultura digitale, come se fosse necessaria una nuova apologetica o forse come se bisognasse rompere con l’attitudine (sottilmente) apologetica e manifestare la sincera passione per l’umano e per la sua verità. Anche il fenomeno scientifico, tecnologico e culturale dell’IA tratta di attraversare l’umano “con fede” piuttosto che di condurre l’umano “alla fede”, proprio per la dimensione sociale dell’uomo e della fede. L’IA è anche un fatto culturale, non solo ingegneristico e tecnico. Se la teologia intende continuare a fare cultura, non può non permeare della sua esperienza, della saggezza storica, sotto la guida dello Spirito e leggendo segni dei tempi, questo spazio, quale luogo teologico di estensione dell’umano, aumentato, potenziato, ma sempre limitato e fragile, senza dimenticare la sua condizione umana, evitando di aver paura delle innovazioni tecnologiche ma di abitarle con sapienza critica.


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